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martedì 28 settembre 2010
Un anno fa l’ ingresso nella Diocesi di Sora Aquino Pontecorvo di Filippo Iannone. “Favorire sempre l’incontro fra le persone e Cristo”.
Intervista a mons. Filippo Iannone a cura di Gianni Fabrizio
Un anno fa l’ ingresso nella Diocesi di Sora Aquino Pontecorvo di Filippo Iannone. “Favorire sempre l’incontro fra le persone e Cristo”
Da un anno mons. Filippo Iannone guida la Diocesi di Sora Aquino Pontecorvo attraverso un intenso cammino spirituale. Un anno in cui ha saputo e voluto condividere un segmento di strada, percorso in sintonia con l’intera comunità. Abbiamo incontrato il vescovo per conoscere come ha vissuto la nuova esperienza nelle nostre tre Valli, di Comino, del Liri e di Roveto. Ecco le dichiarazioni dei suoi primi dodici mesi di servizio pastorale.
Eccellenza, come è trascorso il Suo primo anno, qui tra noi e cosa L’ha particolarmente colpita del carattere e della religiosità delle nostre genti?
“Prendendo possesso della diocesi, espressione giuridica per indicare l'inizio del ministero pastorale nella diocesi che la Provvidenza di Dio e la fiducia del Santo Padre mi hanno affidato, ho manifestato il proposito di occupare questo primo anno nella lettura del territorio, della sua storia, delle sue tradizioni e nella conoscenza più diretta delle persone, in primo luogo dei miei più stretti collaboratori, i sacerdoti; in altre parole di immergermi nella vita vissuta delle comunità, che sono stato chiamato a guidare; e in questi dodici mesi ho cercato di realizzare tale proposito. Ho potuto constatare una religiosità ancora profondamente radicata nelle famiglie e nelle persone che abitano le nostre valli. Una religiosità popolare, nel significato più genuino del termine, che ha le sue tipiche espressioni nelle feste; una religiosità del resto non nuova per un vescovo che viene dal meridione”.
Quali sono state le maggiori difficoltà che ha dovuto affrontare?
“Sono consapevole che un anno è poco per poter esprimere valutazioni precise sulla realtà della nostra chiesa diocesana. Quello che certamente posso dire è che vi è un clero impegnato, radicato sul territorio, attento ai bisogni della gente, punto di riferimento per le comunità. Ho constatato che, purtroppo, la diminuzione delle vocazioni e l'invecchiamento dei membri ha prodotto una forte riduzione della presenza di religiosi e religiose, con la chiusura di opere, in alcuni casi presenti da decenni. Ho incontrato, poi, tanti laici culturalmente preparati, cristianamente formati, orgogliosi di offrire la loro collaborazione nel servizio alle parrocchie e alla diocesi, e soprattutto desiderosi di contribuire alla crescita umana, sociale e cristiana delle loro comunità. Certo mi sono accorto che la loro presenza non è equamente distribuita sul vasto e diversificato territorio della diocesi, e soprattutto che tra. gli operatori pastorali, anche qui da noi, è ridotto il numero dei giovani. In altri termini, si pone il problema del "ricambio". È una sfida con la quale dobbiamo confrontarci e che deve costituire un obiettivo del nostro lavoro pastorale per i prossimi anni. D'altra parte è quanto ci suggeriscono anche i vescovi italiani con il nuovo documento sugli orientamenti pastorali per il prossimo decennio”.
Come è la dimensione cristiana dei fedeli della Diocesi?
“Mi sembra di poter dire che il secolarismo non ha prodotto quella scristianizzazione della società constatabile in altre città, anche del nostro paese, ma certamente ha cominciato a stendere i suoi tentacoli pure tra di noi. Ho potuto apprezzare come sia ancora abbastanza vivo il senso della famiglia, intendo della famiglia cristiana, come sia sentito il valore della vita, della solidarietà, il senso della comunità Con questo non intendo affermare che siamo un'isola felice, perché anche tra i nostri giovani si manifestano fenomeni di devianza; anche qui le coppie giovani hanno una considerazione meno forte per la stabilità e permanenza del vincolo coniugale, con il conseguente aumento di fallimenti matrimoniali, separazioni e divorzi; anche tante nostre famiglie vivono la difficoltà di educare i figli, di trovare le modalità giuste per la trasmissione di quei valori ai quali sono stati formati. Preoccupano gli stili di vita che assumono tanti nostri ragazzi e giovani... Non possiamo certo adagiarci; c'è bisogno da parte nostra, della comunità ecclesiale, delle parrocchie, sacerdoti e laici, di intraprendere un'intensa e capillare azione missionaria. Non possiamo, a partire dalle manifestazioni di religiosità popolare cui accennavo prima, dare per scontata la fede e il senso della “chiesa”, anche in coloro che si professano cristiani, ma dobbiamo sempre nuovamente farci annunciatori del Vangelo, portarlo nelle famiglie, nella scuola, nei luoghi di lavoro. Non a caso qualcuno afferma che nostro impegno in questo tempo oltre alla evangelizzazione dei non battezzati, deve essere anche la ri-evangelizzazione dei battezzati, con modalità e linguaggi efficaci e comprensibili nell' era della post - modernità, della cultura tecnologica, nella stagione dei nuovi mezzi di comunicazione”.
Qual è la Sua opinione, dopo l’esperienza estiva ricca di appuntamenti religiosi, di ricorrenze, di feste patronali, sulle nostre tradizioni e sui contenuti spirituali emersi?
“La religiosità popolare, secondo l'insegnamento del Magistero, è una realtà viva nella Chiesa e della Chiesa ed i Pontefici, specie gli ultimi, hanno espresso più volte la loro stima per essa e le sue manifestazioni. Ma non possiamo trascurare che è soggetta a pericoli e rischi, non ultimo quello di degenerare in superstizione, o di diventare spazio per interessi non certamente religiosi. Il rimedio più sicuro per porre rimedio alle eventuali carenze e difetti è la sua "evangelizzazione". Dobbiamo sempre e nuovamente "evangelizzare" la pietà popolare, porla in contatto fecondo con la parola del Vangelo. La religiosità popolare ci può aiutare a favorire l'incontro tra le persone e Cristo, sicuri che tale incontro cambi realmente, efficacemente la vita. In quest'attività un ruolo importante svolgono i santuari. Il nostro territorio né è costellato. Tra di essi spicca quello della Madonna di Canneto. Solo il Signore conosce i benefici spirituali che le migliaia di pellegrini che lo frequentano, specie nel mese di agosto, ne traggono! Capisco che quest'opera richiede molta pazienza e prudenza specie da parte dei sacerdoti, impegnati in prima linea. . . tanta fatica! Ma sono altresì convinto che poi… il tempo della raccolta è ricco di soddisfazioni”.
Le Sue continue visite sul territorio La mettono in contatto anche con le varie e molteplici realtà sociali, culturali, economiche e politiche.
“Sì, la situazione socio-economica della diocesi non è diversa da quella delle altre chiese del sud della nostra Regione. Visitando i paesi ubicati nelle tre valli, ci si rende facilmente conto che, a seguito dei fenomeni migratori dei decenni scorsi, l'età media delle nostre comunità è alta. La fascia giovanile della popolazione è molto ridotta. In qualche caso quasi inesistente. E purtroppo la recente crisi economica, la crisi della Fiat e del suo indotto, la chiusura di tante piccole e medie industrie nel frusinate, sta provocando l'esodo anche di quei pochi giovani che avevano trovato occupazione e quindi si erano stabiliti nei paesi di origine. C'è chi paventa, in mancanza di interventi tempestivi, intelligenti e organici, la sparizione di alcuni paesi. La loro trasformazione in "musei a cielo aperto". Certo non spetta alla Chiesa e ai suoi pastori indicare le soluzioni tecniche per favorire lo sviluppo. Ma certo è suo dovere spronare ad una riscoperta del valore, della bellezza e della nobiltà della politica, per dirla con Paolo VI, come servizio alla comunità, capacità di "inventare" e realizzare progetti che facciano crescere "la polis", ne migliorino le condizioni di vita, aprano alla speranza nel futuro i giovani, in modo che possano serenamente mettere su famiglia e generare figli. A volte ho l'impressione che la litigiosità e la conflittualità che caratterizza questa stagione della politica nazionale, coinvolga anche gli amministratori dei "piccoli centri", distogliendo l'attenzione dai problemi concreti della gente, e rendendo più difficile la convergenza verso le intese necessarie per la loro soluzione. Credo invece che una maggiore collaborazione tra i responsabili degli Enti locali, ai vari livelli, possa favorire la valorizzazione al massimo di quelle risorse che il territorio offre… penso al turismo, anche a quello religioso, all'artigianato….. Un 'ulteriore problematica che, ascoltando la gente, ho constatato essere motivo di grande e legittima preoccupazione per le nostre popolazioni, è quella di un maggior rispetto per il territorio e la natura. Le comunità non sono più disposte a tollerare ulteriori violenze alla loro terra, che producano non solo degrado ambientale, ma anche e soprattutto che possano essere causa di disastri”.
Eccellenza, quali saranno i Suoi futuri impegni e le Sue indicazioni per accompagnare la crescita e la continua maturazione cristiana dei fedeli della Diocesi?
“Nei giorni scorsi abbiamo celebrato il Convegno Pastorale Diocesano. E’ stata l’occasione di un confronto, aperto e concreto, fra tutte le componenti della nostra Chiesa e abbiamo individuato i percorsi educativi più idonei per aiutare i nostri fedeli, specie le nuove generazioni, a crescere come "buoni cristiani" e "cittadini onesti", per dirla con San Giovanni Bosco”. (Nella foto uno scorcio di Pontecorvo).
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