martedì 23 febbraio 2010

Brigante Chiavone


Il libro del professor Gulì parla del Brigante Chiavone in termini positivi. Rivaluta la figura di Luigi Alonzi, parla bene della famiglia Alonzi. Famiglie costrette ad emigrare perchè perseguitate negli anni successivi agli accadimenti. Nel 1875 ben 685.000 civili assassinati e 500.000 civili imprigionati. Ci furono poi 84 paesi distrutti. Nel 1876 cittadini costretti a scappare, da briganti ad emigranti.

Gulì parla dei luoghi comuni che hanno riguardato la figura del brigante Chiavone. Si sofferma sul nome: "Chiavone" perchè anche il nonno aveva lo stesso soprannome. Un nome di battaglia e poi perchè da bambino gli veniva messa al collo la chiave del portone di casa. Una figura buona perchè amico del vescovo, dell'epoca, di Sora e quindi non un bandito.

Briganti da rivalutare perchè non vivevano alla macchia, persone perbene e non delinquenti che avevano un ruolo importante nella società, non rubavano ma esercitavano una lotta politica e patriottica. Il brigantaggio visto sotto altri punti di vista, sotto questi due aspetti. Il libro scritto sotto questi due aspetti. I nostri antenati che hanno combattuto gli invasori. Una guerra mondiale contro il Sud Italia e contro Napoli, con gli Inglesi in primo piano. Un fatto internazionale, con i Mille e Garibaldi aiutati dalla malavita locale.

In conclusione un marchio terribile affibbiato a Chiavone e una storia da ricordare quella sul brigandaggio post-unitario ancora da studiare a fondo con nuove verità da trovare per il professor Vincenzo Gulì.

Nella foto il brigante Chiavone da: www.villasantostefano.com

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